Quarto Convegno dell'Associazione
DONNE E SCIENZA  

Trieste 18-20 settembre 2008


di Valeria Fieramonte


Che dire del quarto convegno dell' Associazione Donne e Scienza che si è tenuto a Trieste alla fine di settembre?
Nella quasi totale mancanza di informazioni sull’argomento, ignorato dalla stampa quotidiana e periodica, consola un po’, nonostante tutto, sapere che c’è qualche gruppo di donne, abbastanza ben attrezzate per di più, che almeno se ne occupa.

I dati presentati sono ormai dati per scontati: è stato persino sviluppato un algoritmo che dimostra in modo matematico e perciò inoppugnabile che le donne che vogliono stare in questi ambiti privilegiati del sapere devono dimostrare di essere  ben 2,6 volte più preparate dei loro omologhi maschili. Forse non sono le ‘quote azzurre’ pretese due secoli fa negli ambienti accademici per bloccare l’entrata femminile nell’ambito dei cosiddetti saperi forti – ma certo le scale sono proprio differenti!


Per non parlare dei ‘diagrammi a forbice’ sullo sviluppo delle carriere che vede la ‘linea azzurra’ della forbice salire inesorabilmente appena dopo la laurea rispetto a quella rosa che sarebbe in discesa libera se questo fosse possibile in uno schema a forbice.


E pensare che invece, nel 2004/2005 si era realizzato il sorpasso delle donne sugli uomini: in quegli anni infatti la percentuale di donne laureate è arrivata al 58,4%, più alta dunque di quella del ‘primo sesso’, rimasto indietro anche rispetto ai tempi di laurea ( le donne si laureano in media a 26 anni, gli uomini a 26,3).

Sempre che queste statistiche significhino qualcosa – ogni tanto ho il sospetto che siano numeri gettati lì un po’ a casaccio, tanto più che ai miei tempi 26 anni per laurearsi sarebbero sembrati da fuoricorso, e comunque tantissimi.
Per non dire delle metafore usate per spiegare il fenomeno: c’è la ‘leaky pipeline’, o "conduttura che perde" ( cioè le laureate che si perdono per strada nella ricerca di un posto di lavoro),e dell’ ‘honey pot indicator’(presenza delle donne nei posti di potere in campo scientifico). Diminuita anch’essa nel corso degli anni, invece di aumentare come logica vorrebbe data la più numerosa presenza femminile alla base della famosa scala rosa.

L’unico dato rimasto inesorabilmente stabile riguarda i salari, gli stipendi, gli emolumenti, insomma, le retribuzioni: a parità di mansione, le donne continuano ad essere pagate il 30% di meno. ( In pratica il lavoro domestico non pagato viene per punizione sottratto invece che aggiunto!)

Forse per questo Margherita Hack – intervistata nel corso del convegno – alla domanda ‘che pensa delle quote rosa?’ ha risposto: ‘ non mi entusiasmano, ma forse potrebbero essere un modo per vincere la discriminazione’, e poi ha aggiunto, un po’ sottovoce: ’ma più che le quote rosa ci voglion le armi rosa, mi pare, ormai.’

Insomma – di fronte a quella che sembra quasi una ‘strage di donne che passano per la carriera della ricerca per poi venire decimate’,pare che il segreto sia non scoraggiarsi davanti agli insuccessi ed avere costanza.

Del resto, sempre per parafrasare la Hack, in tutta la storia dell’umanità è chi ha meno diritti che si deve battere per averli.
E pensare che –soltanto in Lombardia, si calcola che nel campo della ricerca saranno necessarie, nei prossimi anni, circa settecentomila nuove 'unità di lavoro’. Dunque il lavoro c’è e il vero problema è che le donne, oltre a sottorappresentarsi da sole, sono anche sottorappresentate.
Fatto sta che, sebbene i maschi rinuncino prima, perché hanno una maggiore propensione alla gratificazione immediata e sono dunque a più alto tasso di frustrazione,le quote azzurre funzionano ancora benissimo, ma sono diventate… clandestine!

Forse per questo ci si sente un po’ prese per i fondelli, a nome del cromosoma XX, quando si vede presentare, da parte di peraltro brave ricercatrici dell’università di Bari e della Basilicata – una ricerca sui … videogiochi e le donne (!), il tutto per vedere come favorire questa insana passione infantile anche tra il genere rosa, visto che per ora non ha ancora preso l’abitudine di rimbambirsi schiacciando pulsantini, avendo per fortuna altro da fare nella vita.

Pare infatti che le donne preferiscano i giochi di logica a quelli di azione e non cerchino gratificazioni immediate, perciò sarebbero adattissime a questo tipo di videogames se solo inventassero qualcosa di meno truculento degli attuali, in cui loro risultano sempre violentate!
Siccome sempre le stesse ricercatrici hanno scoperto che le donne mostrano una maggiore capacità di miglioramento di sé nel corso degli anni, è giusto non perdere la speranza che ai videogames finiscano persino per preferire le odiate faccende domestiche!

Sempre per continuare nel cahier des doleances, che ne è delle donne nel campo più creativo e pratico della ricerca, ovvero la presentazione di brevetti?  
Non si hanno dati certi, perché è difficile trovarne, anche per via dell’insana abitudine dei ricercatori in genere di firmarsi col cognome e solo l’iniziale del nome. Difficile dunque distinguere gli uomini dalle donne, che comunque tendono più spesso a farsi fregare i brevetti dai soliti noti.
Sarebbe certo un bene modificare strutture gerarchiche desuete, in modo da usare meglio il potenziale di tutti, donne comprese. Invece per ora ha prevalso la logica della deresponsabilizzazione: continui cambiamenti di responsabili e perdita di memoria storica col risultato di polveroni atti a favorire solo l’opacità dei sistemi, per non dire di peggio.

Nella  speranza che non ci lascino a lucidare il soffitto di cristallo per un altro po’ di secoli a venire, come talora pare, magari con la scusa che preferiamo i lavori domestici ai videogames, i prossimi appuntamenti saranno a Napoli e Torino. 
 

  
 
    Milano, 15 Ottobre 2008